venerdì 6 dicembre 2013

da Le scienze-it


A ogni vitigno il suo microbo, e il vino migliora

I microbi presenti sulla superficie dell'uva, che possono determinare non solo le infezioni della pianta ma anche la personalità del vino che se ne ricava, dipendono strettamente dalla regione geografica in cui è piantato un vitigno, dal clima e dalla varietà della vite. A stabilirlo è un'analisi delle popolazioni batteriche di 273 campioni di mosto provenienti da tutta la California. In prospettiva, la scoperta potrebbe aprire la strada a una manipolazione "scientifica" della qualità di un vino mediante lo sfruttamento di ceppi di lieviti e microbi (red)
Area geografica, clima e varietà dei vitigni: sono questi i tre parametri che determinano quali comunità di batteri e funghi sono presenti sui grappoli d'uva. A stabilirlo è uno studio apparso sulla rivista “Proceedings of the National Academy of Sciences” a firma di David Mills del Dipartimento di Viticoltura, enologia del Foods for Health Institute, dell'Università della Californa a Davis, che potrebbe avere importanti ricadute sulle tecniche di viticultura, dato che proprio i microbi sono responsabili non solo delle infezioni che possono colpire un vitigno ma anche delle sue caratteristiche organolettiche e in definitiva della personalità di un vino.

La fillosfera, cioè il microambiente presente sulle foglie di Vitis vinifera, la specie di vite da cui si ottiene il vino, è colonizzata da batteri e funghi che generalmente non sono in grado di sopravvivere alle condizioni della fase di fermentazione dell'uva, ovvero bassi valori di pH (elevata acidità), bassa concentrazione di ossigeno e concentrazioni relativamente alte di etanolo.

A ogni vitigno il suo microbo, e il vino migliora
Grappoli di un vitigno Chardonnay nella zona di coltivazione del Barolo: i risultati dello studio aprono la strada a una manipolazione dei microbi che determinano la personalità di un vino
Alcuni microbi però riescono a sopravvivere alla fermentazione e svilupparsi ulteriormente, alterando le caratteristiche del vino nelle fasi successive della lavorazione spesso in modo proficuo, poiché contribuiscono a determinare la cosiddetta complessità sensoriale di un vino, che può decretarne anche la fortuna commerciale.

Si sa per esempio che i saccaromiceti, e in particolare Saccharomyces cerevisiae, responsabili del processo di fermentazione e universalmente utilizzati anche nell'industria alimentare, non hanno un grande impatto su sentori e profumi, diversamente dai batteri dell'acido acetico, che trasformano l'etanolo in acido acetico, e dai lattobacilli, che dopo la fermentazione trasformano l'acido malico presente nell'uva in acido lattico e anidride carbonica.

Ma come è distribuito questo microbiota nelle diverse coltivazioni di vite? Finora nessuno studio era riuscito a rispondere a questa domanda, e neppure a escludere che vi fosse una forte componente di casualità.

In questo studio, gli autori hanno raccolto 273 campioni di mosto proveniente da tutta la California e prodotto con uve di due successivi raccolti, e li hanno analizzati con avanzate tecniche di sequenziamento genetico per determinare le diverse popolazioni microbiche in essi presenti.

Le analisi effettuate mostrano che le comunità batteriche che colonizzano la superficie dei grappoli erano strettamente correlate a tre fattori: la posizione geografica, il clima e la varietà di vite. Questi dati supportano l'ipotesi che il microbiota influenzi in modo decisivo il terroir, cioè l'insieme delle condizioni di una vigna che determinano personalità di un vino, con uno stretto legame col territorio di coltivazione.

I dati così ricavati potrebbero essere sfruttati dai viticoltori per elaborare metodiche di manipolazione delle comunità microbiche e migliorare così la qualità del vino, potendo per esempio sperimentare l'inoculazione controllata di ceppi batterici che hanno dato buoni risultati in vitigni simili.

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