08 maggio 2012
Confermato il primato di antichità delle pitture della grotta di Chauvet
Messo in discussione a causa della sofisticata tecnica
pittorica, che non ha riscontri in altri reperti coevi, è stato
confermato dalla ricostruzione e datazione delle frane che ne hanno
bloccato l'accesso per oltre 20.000 anni. La scoperta ha importanti
implicazioni sull'evoluzione delle capacità cognitive dei nostri
antenati
(red)
A dispetto delle polemiche sulla loro datazione,
le straordinarie pitture che decorano le pareti della grotta di
Chauvet, nella regione francese dell'Ardèche, sono la più antica, e la
più raffinata, manifestazione di arte pittorica rupestre conosciuta. La
conferma, indipendente dalla datazione al radiocarbonio, viene da uno
studio condotto da ricercatori dell’Université de Savoie/CNRS e
dell’Aix-Marseille Université di cui riferisce un articolo pubblicato sui “Proceedings of the National Academy of Sciences”.La grotta di Chauvet è un sito di eccezionale interesse per lo stato di conservazione delle bellissime pitture che ne ornano le pareti, per i temi pittorici raramente presenti in altri siti, come le raffigurazioni di felini e rinoceronti, ma anche per la maestria con cui gli autori hanno padroneggiato una tecnica pittorica che non si riscontra in alcun altro sito di arte rupestre del Paleolitico.
Difatti, sulla base della sola analisi stilistica, inizialmente le pitture di Chauvet erano state fatte risalire a un periodo relativamente recente, compreso fra il Solutreano, fra i 22.000 e i 17.000 anni fa, e il Magdaleniano, fra i 17.000 e i 10.000 anni fa. In seguito, però, la datazione al radiocarbonio aveva stabilito una collocazione temporale molto anteriore, compresa fra i 32.000 e i 30.000 anni fa.
Nonostante il “peso” di questa datazione, molti esperti del settore erano comunque rimasti dubbiosi a causa del divario stilistico fra le pitture di Chauvet e le altre espressioni artistiche di sicura epoca paleolitica, anche se nel 2009 la scoperta della “Venere di Hohle Fels”, datata fra i 28 e i 40.000 anni fa ha mostrato l’esistenza di sofisticate manifestazioni artistiche in epoca molto remota.
L’identificazione di ulteriori vincoli cronologici indipendenti da quelli finora utilizzati rappresenta quindi un passo significativo per stabilire il quadro cronologico assoluto delle pitture di Chauvet.
Proprio in questa ottica si sono mossi Benjamin Sadier e colleghi, che hanno determinato, sulla base di riscontri geomorfologici e di datazione con il cloro-36, il momento in cui una frana ha bloccato l’ingresso della grotta, impedendone l’acceso fino alla sua scoperta nel 1994, e contribuendo alla buona conservazione delle pitture.
Dalle analisi così condotte, gli autori ipotizzano che la parete a strapiombo che sovrasta l’ingresso della grotta abbia subito una serie di crolli a partire da 29.000 anni fa, fino alla completa ostruzione dell’ingresso avvenuta non più tardi di 21.000 anni fa.
Insieme alla prova precedente della datazione al radiocarbonio dell'arte rupestre, di carbone e ossa di animali, l'ostruzione dell'ingresso della grotta da parte di massi permette di concludere che le pitture risalgono senz'altro a più di 21.000 anni fa. Lo studio conferma quindi il primato di antichità delle pitture rupestri di Chauvet, con le conseguenti, importanti implicazioni per quel che riguarda le abilità cognitive degli artisti che le realizzarono.
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