Le Scienze
Scienza in cucina
Ma il vino biodinamico è buono?
Questo è un atteggiamento tipico delle pseudoscienze: l'idea che se non "sei dentro", se non hai "assorbito le conoscenze fondamentali" non puoi "capire". L'idea che uno possa allegramente impipparsene della paccottiglia esoterica, fare un esperimento e giudicare i risultati non sembra fare breccia nella mente di molti.
Influssi celesti
Gli scritti di Steiner e dei suoi seguaci, come Maria Thun, sono pieni di riferimenti ai «cicli astrali», ai pianeti e alle fasi della luna. Mentre l’uso dei preparati è obbligatorio, tutta la paccottiglia astrologica che spesso riempie la pubblicistica del settore non influisce sulla certificazione biodinamica. Quindi ai fini strettamente pratici l’agricoltura biodinamica, filtrata dagli aspetti mistici e astrologici, è sostanzialmente una agricoltura biologica con in più l’uso obbligatorio dei vari preparati. Non è dato sapere quanti produttori seguano il calendario astrale di Maria Thun o le indicazioni sulle fasi lunari e l’allineamento dei pianeti ma, data l’abbondanza di materiale su questi argomenti, ho l’impressione che almeno alcuni ci credano veramente.
L’obiezione tipica di chi crede negli influssi celesti è questa: «La luna ha un’enorme influenza: guarda le maree!». Certamente, ma questo effetto ben noto è dovuto esclusivamente alla forza di gravità e quindi spiegabilissimo. Ci sono due maree al giorno, che la luna sia piena o nuova. Quando il sole, la terra e la luna sono allineati, la marea è massima. È possibile calcolare con precisione l’effetto della gravità su mari e oceani e stimare l’altezza delle maree. Se però proviamo a calcolare tale effetto su una piantina, o su un grappolo d’uva, scopriamo che è praticamente nullo, com'è noto da secoli. È per questo che quasi non esistono studi scientifici rigorosi sui presunti effetti degli astri sulle coltivazioni biodinamiche, o su qualsiasi altro aspetto della vita. Ormai non c’è più bisogno di ricerche per dimostrare che la posizione dei pianeti non ha alcun tipo di influenza sulle attività umane o naturali. In più, nessuno scienziato serio vorrebbe rischiare di perdere la faccia chiedendo fondi per uno studio come questo.
E non dimentichiamoci che l’onere della prova spetta a chi sostiene la verità di un fatto. Non sta agli scienziati dimostrare che il calendario astrologico non funziona, o che non esistono gli unicorni blu, ma ai suoi fautori dimostrare che il calendario funziona e che gli unicorni blu esistono. Nonostante questo, qualche sparuto ricercatore ha provato a studiarne l’influenza sulle colture biodinamiche. Da una ricerca sulla coltivazione del peperoncino è emerso che l’applicazione dei preparati secondo il calendario biodinamico non aveva avuto alcun effetto rispetto alle colture in cui non era stato seguito.[i] Il che, ovviamente, non ha stupito nessuno.
Pesticidi naturali e non di sintesi?
Nell’agricoltura biologica, e quindi in quella biodinamica, si può utilizzare solo un numero ristretto di pesticidi contro i parassiti e le malattie delle piante, il che esclude la gran parte dei principi attivi che oggi l’agricoltore moderno ha a disposizione.[ii] A volte si dice impropriamente che questo tipo di agricoltura non utilizza «sostanze chimiche di sintesi». Qualcuno potrebbe far pensare che si ricorra a qualcosa che è disponibile in natura, raccolto tal quale e pronto all’uso. In realtà non è proprio così.
Tra le sostanze utilizzate dall’agricoltura biologica e biodinamica, oltre che da quella convenzionale, ci sono i composti del rame (l’idrossido, il solfato, l’ossicloruro e così via). Impiegato come fungicida, per esempio contro la peronospora della vite, il rame è un metallo tossico i cui composti purtroppo si accumulano anno dopo anno nel terreno. Nello Champagne, in Francia, il suolo di alcune vigne è contaminato dalla poltiglia bordolese (solfato di rame e calce), usata da oltre un secolo per combattere la peronospora. Si tratta di «pesticidi non di sintesi»? Non direi. Queste sostanze sono prodotti industriali che derivano dai minerali di rame estratti dalle miniere di tutto il mondo.
Poi c’è lo zolfo, usato per combattere l’oidio, un fungo che colpisce le viti e altri vegetali. Oggi si ottiene praticamente ovunque come sottoprodotto della lavorazione del gas o della raffinazione del petrolio. Spero proprio che nessuno rimpianga l’uso dello zolfo «naturale», cioè di miniera, perché i minatori non se la passavano tanto bene.
Altre sostanze utilizzate in agricoltura biologica e biodinamica sono gli «oli minerali», una miscela di idrocarburi in prevalenza saturi ottenuti dalla raffinazione del petrolio. Per ridurre il numero di composti insaturi, tossici per le piante, si tratta il prodotto raffinato con acido solforico. Insomma, sono sostanze chimiche derivanti da processi industriali tanto quanto altri prodotti fitosanitari proibiti dall’agricoltura biodinamica (e magari meno tossici dei composti del rame).
Ma alla fine il vino biodinamico è buono?
A detta degli esperti, alcune case di produzione internazionali di vini di qualità sono passate alla biodinamica. C’è chi lo considera un argomento a favore: «Nella lista dei 100 migliori vini al mondo molti sono biodinamici, quindi la biodinamica funziona». Il ragionamento è ovviamente fallace. Per rimarcare che la presenza nell’una o nell’altra classifica non dimostra alcunché basterebbe chiedersi: «Quanti vini biodinamici ci sono tra i 100 peggiori al mondo?». Dal punto di vista logico è come dire: «Nella classifica dei 100 migliori vini al mondo ce ne sono alcuni la cui uva è stata raccolta da un uomo con il cappello rosso, quindi la cappellorossodinamica funziona». Così è forse più facile capire quanto questo tipo di ragionamento sia sballato.
Lo ripeto perché è un punto importante, che a volte non viene colto immediatamente (specialmente dagli appassionati di vino che apprezzano alcuni vini biodinamici): il fatto che esistano ottimi vini biodinamici non dimostra affatto che il merito sia dei preparati biodinamici. Una domanda più sensata è invece chiedersi quanti vini non biodinamici mediocri sono diventati eccellenti dopo il passaggio a queste pratiche. Ma a dire il vero neanche questa domanda, di cui non conosco la risposta, servirebbe a dirimere la questione. Poiché la biodinamica, a parte gli aspetti astrologici su cui non vale la pena di spendere tempo vista la palese infondatezza, è sostanzialmente una agricoltura biologica con aggiunto l’obbligo di utilizzo dei vari preparati, l’unica cosa sensata da fare è mettere a confronto un prodotto da agricoltura biologica con uno da agricoltura biodinamica, per capire se i preparati fanno la differenza.
Quando uno scienziato si mette ad investigare con metodo scientifico gli effetti di una pratica, come in questo caso, vuole prima di tutto capire se c’è un rapporto di causa ed effetto. L’uso dei preparati 500 e 501 porta a uve e vini migliori? Se la risposta, come sembra, è che questi preparati sono irrilevanti, questo non significa che i vini in questione siano cattivi. Significa che tra i due fatti non c’è relazione, e se il vino è buono, o cattivo, dipende da altri fattori e non dall’uso di uve certificate biodinamiche.
Gli amici esperti mi dicono che i vini biodinamici di Nicolas Joly, Romanée Conti e altri produttori sono straordinari. Non ho alcuna difficoltà a crederlo, ma non c’è alcuna prova che la loro qualità sia dovuta all’uso del cornoletame, del cornosilice o della camomilla fermentata nella vescica del cervo in contatto astrale con le forze cosmiche dell’universo. Credo sia dovuto soprattutto alle pratiche in vigna di questi produttori, al loro grande coinvolgimento e all’estrema attenzione al prodotto. Oltre, ovviamente, alla particolare vocazione del territorio in cui si trovano a lavorare.
Metodi da pseudoscienza
Visto che, secondo Steiner, una forza vitale pervade gli organismi viventi, nel 1930 un suo allievo, Ehrenfried Pfeiffer, si è inventato una tecnica, che ha chiamato "cristallizzazione sensibile" che dovrebbe rivelare le differenti “energie” in organismi diversi. Si mescola del cloruro di rame con il materiale organico, per esempio la polpa di pomodoro, si deposita la soluzione in un piattino e la si lascia evaporare. Pian piano il cloruro di rame cristallizza, formando dei disegni che, secondo Pfeiffer, dovrebbero rivelare informazioni sulla natura del materiale disperso nel cloruro di rame e sulla sua «vitalità», qualsiasi cosa voglia dire. Anche la tecnica della «dinamolisi capillare», su cui non mi addentro, dovrebbe fornire informazioni simili. L’uso di termini e pratiche scientifiche da laboratorio (cristallizzazione, cloruro di rame, capillarità,…) non deve trarre in inganno: a parte la scenografia, non è molto diverso dalla lettura dei fondi di caffè o delle foglie del tè. Anche lì c’è chi ci crede. Ma è pseudoscienza, non scienza.
FAQ
D: Se chi produce vuole seguire quelle prescrizioni esoteriche, che evidentemente non sono dannose per i prodotti, che male c’è?
R: Non c’è ovviamente nulla contro la persona che “ha fede”, ma io credo che la scienza, e gli scienziati, abbiano il diritto di spiegare cosa è dimostrato e distinguerlo da ciò che non lo è, anche se a volte parlano al vento. Hanno il diritto, ma oserei dire anche il dovere, di mettere in evidenza la superstizione dalla realtà. Se qualcuno si sente offeso perché si dice chiaramente che crede in cose che non hanno senso è un problema suo. Credo sia un dovere sociale che gli scienziati escano ogni tanto dai loro laboratori e cerchino di combattere tutti gli atteggiamenti antiscientifici che proliferano nella nostra società moderna, dall’astrologia all’omeopatia, dalle diete assurde basate sui gruppi sanguigni o sulla presunta alcalinità degli alimenti a tutte le varie pseudoscienze.
D: Ma tu sei un razionalista!
R: Certamente. Razionalista militante. E pure orgogliosamente riduzionista.
D: Perché prendi in giro Steiner e color che credono nella biodinamica?
R: Io non prendo in giro nessuno. Io riporto quello che ha scritto Steiner e lo confronto con i fatti. Non sono mica io quello che ha detto che si deve scuoiare un topo, bruciarne la pelle e spargerla per i campi. O che le corna del cervo comunicano con le energie cosmiche. E se uno "dinamizza" il letame ruotandolo per mezz'ora in senso orario e poi per mezz'ora in senso antiorario, beh, si deve aspettare qualche frecciatina
D: Ho comprato un vino biodinamico. Era buono assai. Quindi evidentemente la biodinamica funziona!
R: No. Non basta prendere una bottiglia di vino biodinamico e apprezzarla per dire che “funziona”. E non è neanche sufficiente prendere due bottiglie, una biodinamica e l’altra no, e confrontarle. Anche se avessimo la cura di prendere vini da due aziende vinicole confinanti, in modo da avere presumibilmente lo stesso suolo e le stesse condizioni climatiche, la qualità finale del vino è influenzata da moltissimi altri fattori, dai metodi di gestione della vigna alle pratiche che si effettuano in cantina, dal tipo di materiali usati per far invecchiare il vino e così via. L’unico modo per fare un confronto è un esperimento rigidamente controllato come descritto nello scorso articolo.
D: Sappiamo bene che ci sono molte cose che la scienza non riesce a spiegare
A: Certamente, la scienza ancora non riesce a dare una spiegazione di molti fatti sperimentali. Ma prima di perdere tempo nel tentativo di cercare una spiegazione ad un fatto, è necessario che l’esistenza del fatto stesso sia ben confermata. Per intenderci, non inizio a costruire teorie scientifiche su come le renne di Babbo Natale riescano a volare prima di determinare se effettivamente Babbo Natale esiste davvero e che usi delle renne.
D: Mi vuoi forse dire che uno non ha il diritto di credere in ciò che vuole?
A: Puoi credere in quello che vuoi, certamente. C’è chi crede a tutta una serie di cose non dimostrate. Basta considerare una qualsiasi religione e se ne trovano moltissime, ovviamente, di "espressioni di fede". Tuttavia, così come c’è libertà di fede, esiste anche la libertà di critica, specialmente quando si vogliono far passare per “scientifiche” certe pratiche che proprio non lo sono. Diciamo che gli scienziati sono punti sul vivo quando invadi il loro terreno con un linguaggio pseudoscientifico, e reagiscono di conseguenza.
D: Il metodo scientifico non è l’unica maniera di indagine
A: Il metodo scientifico serve per ridurre al minimo, e se possibile eliminare, la possibilità di arrivare a conclusioni errate nell’osservazione di un fenomeno, eliminando le possibilità che il giudizio finale venga alterato da fattori estranei (ad esempio le convinzioni personali) al fenomeno che si desidera studiare. Nel far ciò è essenziale che il design dello studio sperimentale sia fatto a dovere. È per questo motivo che racconti aneddotici (vedi alla voce "mio cugino...") non sono accettati. Nonostante tutte le precauzioni ogni tanto vengono pubblicati articoli sbagliati e che giungono a conclusioni errate. Può essere dovuto ad un cattivo design dell’esperimento o a una interpretazione statistica sbagliata dei risultati, alla mala fede o altro. Sta alla comunità scientifica, dopo la pubblicazione, criticare la metodologia con cui è stato effettuato lo studio.
Chi sostiene che il metodo scientifico non funziona solitamente non lo capisce e non ha mai proposto nulla di altrettanto valido.
D: È fastidioso che gli scienziati vogliano spiegare tutto.
R: Non tutto. Solo quello che è in linea di principio spiegabile in termini scientifici, almeno con le conoscenze attuali. Non si capisce perché se un prete parla di genetica e un filosofo di agricoltura nessuno si scandalizzi, mentre se ne parlano gli scienziati (che forse, forse, sono un po’ più titolati a parlarne) si accusi la scienza e gli scienziati di "arrogante scientismo".
D: È indubbio che gli astri influenzino la vita sulla terra. Non è forse la forza della luna che muove le maree? E l’energia del sole che ci riscalda?
A: indubbiamente. Ma quelle sono forze ed energie ben note e studiate. Completamente comprese dalla scienza. Allo stesso modo con cui calcoliamo e prevediamo le maree, basandosi sulla forza di gravità, possiamo prevedere che l’influenza degli altri pianeti è praticamente nulla, per non parlare delle costellazioni.
Tirando le somme
Perché queste pratiche hanno seguito? Forse il motivo è da ricercare nel bisogno dell’uomo occidentale, in questo momento storico, di riscoprire una dimensione spirituale. Molto più banalmente, queste pratiche possono essere usate come segno di distinzione commerciale. In un mercato sempre più affollato di proposte, è importante trovare dei modi per caratterizzare un prodotto e distinguerlo dagli altri, vendendo al contempo anche emozioni. E il vino è il prodotto perfetto per vendere emozioni spirituali.
Dario Bressanini
P.S. sempre in tema pseudoscienze volevo segnalare agli interessati che il 14 Marzo parteciperò ad una cena organizzata dal CICAP a Stupinigi (TO). I dettagli (che ancora non conosco) li troverete sulla pagina che ho linkato.
[i] Jayasree, P., and Annamma George. "Do biodynamic practices influence yield, quality, and economics of cultivation of chilli (Capsicum annuum L.)?." Journal of Tropical Agriculture 44, no. 1-2 (2006): 68-70. [ii] http://www.cra-pav.it/bancadatibiologica...
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