I microbi presenti sulla superficie dell'uva, che possono
determinare non solo le infezioni della pianta ma anche la personalità
del vino che se ne ricava, dipendono strettamente dalla regione
geografica in cui è piantato un vitigno, dal clima e dalla varietà della
vite. A stabilirlo è un'analisi delle popolazioni batteriche di 273
campioni di mosto provenienti da tutta la California. In prospettiva, la
scoperta potrebbe aprire la strada a una manipolazione "scientifica"
della qualità di un vino mediante lo sfruttamento di ceppi di lieviti e
microbi
(red)
Area geografica, clima e varietà dei vitigni:
sono questi i tre parametri che determinano quali comunità di batteri e
funghi sono presenti sui grappoli d'uva. A stabilirlo è uno studio apparso sulla rivista “Proceedings of the National Academy of Sciences”
a firma di David Mills del Dipartimento di Viticoltura, enologia del
Foods for Health Institute, dell'Università della Californa a Davis, che
potrebbe avere importanti ricadute sulle tecniche di viticultura, dato
che proprio i microbi sono responsabili non solo delle infezioni che
possono colpire un vitigno ma anche delle sue caratteristiche
organolettiche e in definitiva della personalità di un vino.
La fillosfera, cioè il microambiente presente sulle foglie di Vitis vinifera,
la specie di vite da cui si ottiene il vino, è colonizzata da batteri e
funghi che generalmente non sono in grado di sopravvivere alle
condizioni della fase di fermentazione dell'uva, ovvero bassi valori di
pH (elevata acidità), bassa concentrazione di ossigeno e concentrazioni
relativamente alte di etanolo.
Grappoli
di un vitigno Chardonnay nella zona di coltivazione del Barolo: i
risultati dello studio aprono la strada a una manipolazione dei microbi
che determinano la personalità di un vinoAlcuni
microbi però riescono a sopravvivere alla fermentazione e svilupparsi
ulteriormente, alterando le caratteristiche del vino nelle fasi
successive della lavorazione spesso in modo proficuo, poiché
contribuiscono a determinare la cosiddetta complessità sensoriale di un
vino, che può decretarne anche la fortuna commerciale.
Si sa per esempio che i saccaromiceti, e in particolare Saccharomyces cerevisiae,
responsabili del processo di fermentazione e universalmente utilizzati
anche nell'industria alimentare, non hanno un grande impatto su sentori e
profumi, diversamente dai batteri dell'acido acetico, che trasformano
l'etanolo in acido acetico, e dai lattobacilli, che dopo la
fermentazione trasformano l'acido malico presente nell'uva in acido lattico e anidride carbonica.
Ma
come è distribuito questo microbiota nelle diverse coltivazioni di
vite? Finora nessuno studio era riuscito a rispondere a questa domanda, e
neppure a escludere che vi fosse una forte componente di casualità.
In
questo studio, gli autori hanno raccolto 273 campioni di mosto
proveniente da tutta la California e prodotto con uve di due successivi
raccolti, e li hanno analizzati con avanzate tecniche di sequenziamento
genetico per determinare le diverse popolazioni microbiche in essi
presenti.
Le analisi effettuate mostrano che le comunità
batteriche che colonizzano la superficie dei grappoli erano strettamente
correlate a tre fattori: la posizione geografica, il clima e la varietà
di vite. Questi dati supportano l'ipotesi che il microbiota influenzi
in modo decisivo il terroir, cioè l'insieme delle condizioni di
una vigna che determinano personalità di un vino, con uno stretto
legame col territorio di coltivazione.
I dati così ricavati
potrebbero essere sfruttati dai viticoltori per elaborare metodiche di
manipolazione delle comunità microbiche e migliorare così la qualità del
vino, potendo per esempio sperimentare l'inoculazione controllata di
ceppi batterici che hanno dato buoni risultati in vitigni simili.
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