Aiuto, gli UFO in Parlamento
Gira da giorni, sui social network, il testo di un’
interrogazione parlamentare
presentata il 20 dicembre scorso alla Camera dei Deputati da Giuseppe
Vatinno e Francesco Barbato, iscritti al gruppo dell’Italia dei Valori.
È rivolta al Ministro della Difesa e al Ministro degli Esteri. Per
chiedere «se l’Italia disponga e dove di eventuali strutture delle Forze
armate o di altri Corpi dello Stato dediti allo studio del fenomeno
ufologico, se siano stati prodotti documenti e relazioni riservati in
ambito nazionale o Nato, se infine in Italia si possa prevedere la
creazione di una struttura dedicata munita dei requisiti di trasparenza
pubblica».
Sì, alla prima lettura ho pensato che fosse un pesce d’aprile fuori stagione. Un salmone che aveva perso la strada.
Ma poi sono andato a leggermela meglio, perché il meglio è nelle premesse. A cominciare dalla prima.
Leggiamola insieme: «presso l’Onu, Organizzazione delle nazioni unite
sarebbe sorto l’Unoosa, Ministero degli affari spaziali e Mazlan
Othman, l’astrofisica malese sarebbe stata messa a capo della struttura
con il fine di accogliere gli extraterrestri (lastampa.it, 29 settembre
2010)».
Secondo due parlamentari italiani, dunque, il sito web de «La Stampa»
riferiva il 29 settembre 2010 che un’astrofisica malese sarebbe stata
messa a capo di una nuova agenzia dell’ONU per accogliere gli alieni.
Forse sperando che parlassero una lingua simile. In fin dei conti chi
altro può capirlo il malese?
Peccato che il giorno prima il «Corriere» smentisse già la notizia, con
questo articolo. Era una bufala, uscita sulla peggior stampa britannica.
Ma in quelle due righe c’è di più. Pare infatti che l’ONU abbia
predisposto appositamente la nuova agenzia, mentre una capatina su
Wikipedia chiarisce che lo United Nations Office for Outer Space Affairs
fu creato come unità di esperti per assistere il Comitato sull’uso
pacifico dello spazio con la risoluzione 1348 dell’Assemblea generale
dell’ONU qualche tempo prima. Era il 13 dicembre 1958. Ma loro come
facevano a saperlo? Barbato portava ancora il pannolino, e Vatinno non
era nemmeno nato.
L’Unoosa, insomma, si occupa di regolamentare l’uso dello spazio non
da parte delle astronavi aliene, ma per quanto riguarda utenti molto più
terra-terra. Noi. Si occupa di operazioni spaziali militari, di
satelliti, di spazzatura spaziale. E la Othman, brillante astrofisica,
aveva già diretto l’agenzia dal 1999 al 2002. L’equivoco – che per i
nostri eroi è invece una premessa – era sorta per alcune sue
dichiarazioni sapientemente manipolate (ma altrettanto seccamente
smentite) dalla stampa.
Nelle quattro righe che seguono Vatinno e Barbato spiegano il
pensiero della Othman. Che però sta al loro come Einstein sta a
Giacobbo. Perché quando la Othman dice che la scoperta di centinaia di
nuovi pianeti extrasolari aumenta la probabilità di scoprire vita aliena
non parla di omini verdi con le antenne; parla da astrofisico, non da
invasato.
Di qui si salta alle parole del presidente russo Medvedev sui
segretissimi rapporti sugli alieni che sarebbero consegnati al
presidente russo insieme alla famigerata valigetta dei codici nucleari.
La notizia è che Medvedev sa esattamente quanti (e quali) alieni ci sono
tra noi.
Poi si passa alla decisione di Reagan di darsi alla politica, frutto
di un incontro con gli alieni, alle sue amorevoli chiacchierate sugli
extraterrestri con Gorbaciov (ma non è che quei due avessero altro di
cui preoccuparsi?), e passando per Churchill e Carter approdano alla
mitica Area 51, di cui ha parlato il mondo intero, compreso
Paolo Attivissimo.
Per finire poi alla fondamentale domanda rivolta ai due ministri.
Oh sì, se me li vedo, Vatinno e Barbato che spiano Giampaolo Di Paola
e Giulio Terzi di Sant’Agata da dietro una pesante tenda della Camera,
dandosi di gomito mentre trattengono le risate. E mi vedo pure i due
«tecnici» prestati al governo che, indecisi se ridere o se piangere, si
consultano febbrilmente per provare a dare una risposta sensata, dello
stesso vigore umoristico.
Certo che sono geniali, questi nostri parlamentari. Anche nella più
grave crisi economica del dopoguerra trovano il tempo per un momento di
buonumore. Così, sotto Natale. Per sdrammatizzare un po’ la campagna
elettorale.
No? Come no? Ah, dite che fanno sul serio? Eh già, forse sì, ho paura
anch’io. Ovvero: nella situazione catastrofica di un paese che non sa
come mettere insieme il pranzo con la cena, di un’economia asmatica, nel
pieno delle discese in campo, delle salite in politica, di una legge
elettorale che si deve rifare, anzi no resta così, dei candidati
premier, dell’IMU da pagare, anzi no da togliere e via discorrendo,
insomma in questo casino ci sono due, chiusi in un ufficetto di
Montecitorio, con la lampadina da sessanta candele, a chiedersi com’è e
come non è che ancora non abbiamo un ufficio alieni.
Sapete, a me non dà nessun fastidio che paghiamo un lauto stipendio
ai parlamentari, ovvero coloro che dovrebbero decidere con competenza e
consapevolezza le sorti del paese. Non mi dà proprio fastidio per
niente, perché è un compito difficilissimo, faticosissimo,
straordinariamente importante.
No. A me dà fastidio che paghiamo uno stipendio a
questi parlamentari.