lunedì 1 agosto 2016

robot lumaca bioibrido-da Le Scienze blogo (lescienze ,it)

Riccardo Oldani

Noi e i robot

di Riccardo Oldani

Il robot-lumaca "bioibrido". Una nuova frontiera?

Hanno preso parti di tessuti di una lumaca di mare, la Aplysia californica, in particolare un muscolo della bocca e collagene della pelle, le hanno posizionate su una struttura stampata in 3D e hanno realizzato così il primo robot vivente della storia (almeno stando a quello che dicono). A compiere quest'operazione sono stati un gruppo di ricercatori della Case Western Reserve University, ateneo con sede a Cleveland, in Ohio, coordinati da Victoria Webster, che attualmente sta svolgendo il suo dottorato di ricerca e tra cui figura anche il direttore del laboratorio di robotica bio-ispirata, Roger Quinn, oltre a esperti di biologia delle lumache di mare, di ingegneria meccanica e aerospaziale e anche di "biomanufacturing" e microfabbricazione.
Muscolo e collagene
Non se ne è parlato tanto, eppure, a mio parere (e mi piacerebbe molto sentire anche il vostro) questo robot (lo potete vedere nella foto qui sotto) apre nuove frontiere sia alla ricerca che alla discussione sui limiti e i confini etici della ricerca.
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Ma ecco come è stato realizzato, in base alla descrizione che ne fanno gli stessi esperti della Case Western Reserve. «Abbiamo creato – ha detto il professor Roger Quinn – un robot che può svolgere compiti diversi da quelli che possono portare a termine un automa creato dall'uomo o un animale». La scelta è ricaduta sulla lumaca di mare perché si tratta di un animale molto "robusto", i cui tessuti e cellule sono in grado di sopportare notevoli sbalzi di temperatura e modifiche della salinità dell'acqua.
Victoria Webster ha spiegato perché si è scelto di prelevare parti dell'animale: «Per noi è importante che il robot sia in grado di interagire con l'ambiente e adattarvisi. E uno dei principali problemi, nella robotica tradizionale, che rendono difficile raggiungere questo risultato è la rigidità degli attuatori», cioè di quelle parti che imprimono il movimento. Inizialmente si è pensato di utilizzare cellule dei muscoli dell'animale, che portano con sé la loro riserva di energia, sono "morbide", sono più sicure rispetto a strutture meccaniche e hanno anche un rapporto peso-potenza migliore. Poi però si è visto che tutto il muscolo I2 dell'area buccale della lumaca di mare si prestava perfettamente così com'era a essere prelevato e utilizzato. Si tratta di un muscolo a forma di Y, che si biforca. È stato connesso alla struttura rigida del robot, stampata in un polimero speciale, e imprime il movimento alla macchina contraendosi e rilassandosi per effetto di una debole corrente elettrica emessa da una piccola batteria.
La prossima versione
L'idea per una prossima evoluzione è utilizzare il muscolo insieme ai gangli che lo controllano, che possono utilizzare sia stimoli elettrici che chimici per indurre le terminazioni nervose a contrarre il muscolo. Sempre secondo Webster, «insieme ai suoi gangli, il muscolo è in grado di compiere movimenti più complessi rispetto a quelli governati con un controllo umano. Ed è anche in grado di imparare». Il team è quindi al lavoro per realizzare un robot completamente organico, utilizzando collagene sempre prelevato dall'animale, che il gruppo di studio sta imparando ad allineare e compattare, utilizzando piccole scariche elettriche, per dargli la forma voluta e "costruire" una struttura esterna leggera, flessibile, ma robusta.
Robot di questo tipo potrebbero essere utilizzati per il controllo della qualità dell'acqua e potrebbero essere rilasciati in sciami senza doversi preoccupare di recuperarli, perché anche se andassero persi non inquinerebbero con metalli o batterie.
Scienza di Frankenstein?
Pensando a questo studio mi è venuto alla mente Galvani con le sue rane. E in effetti è sconfinato l'elenco di ricerche che si sono basate su parti di animali per giungere a risultati. Ancora oggi tutto il capitolo sulla sperimentazione animale è aperto e genera discussione. Qui però il discorso è un po' diverso, perché si impiegano parti di animali per creare nuove strutture che, sotto certi aspetti, sono "viventi", ma completamente diverse rispetto alla loro forma e destinazione originarie.
Ci vedo un po' di scienza di Frankenstein, in tutto questo, con tutto il fascino ma anche con tutti i dubbi etici che questo comporta. Studiare tessuti di viventi può essere utile, per esempio, per crearne di artificiali con caratteristiche molto simili. E con particolari colture cellulari si può arrivare a creare biomateriali senza per questo prelevarli direttamente dai viventi. A rigori, quello realizzato a Cleveland non è neanche il primo robot "bioibrido", perché altri ne sono stati realizzati, a livello microscopico, utilizzando cellule o batteri. Ma, se un robot come questo diventasse "di serie", sarebbe giusto utilizzare le lumache di mare come "riserva" di parti da cannibalizzare per fare nuovi robot? Potremo spingerci anche a utilizzare altre specie, magari non soltanto invertebrati, per creare biorobot "viventi"?
Del resto, già lo facciamo, e da sempre, di utilizzare specie animali come fonte di prelievo, di cibo, di materiali, di organi. Allargare questa pratica anche alla robotica verrebbe accettato o rifiutato? Secondo me la lumaca robot della Case University è molto più importante per il fatto di entrare in questo territorio ignoto che per quello che realmente è in grado di fare. Voi che ne pensate?
 
Scritto in Varie

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