lunedì 1 agosto 2016

la leggenda del commandante diavolo-da gli amanti della storia

AMEDEO GUILLET: LA LEGGENDA DEL “COMANDANTE DIAVOLO”.
Un uomo dai mille volti: ufficiale, agente segreto, ambasciatore, stalliere, acquaiolo, scaricatore di porto ma, innanzitutto, guerrigliero. Un uomo camaleontico, imprevedibile e temerario che cambia identità, patria e lingua.
La sua epopea comincia in Africa orientale prima della seconda guerra mondiale quando, giovane tenente, cattura una pericolosissima banda di guerriglieri fedeli al Negus. Da Roma riceve l'ordine di giustiziarli, ma quando vede i volti fieri di quei nemici non solo decide di non ucciderli ma propone loro di arruolarsi nei suoi reparti.
Il duca d'Aosta copre questa sua decisione e propone inoltre di creare un'intera cavalleria indigena, agile e di impatto, al seguito di Amedeo Guillet. Questi nel giro di due mesi organizza e costituisce la nuova formazione armata formata da combattenti diversissimi per etnia e religione e che soltanto un grande conoscitore di uomini come lui può tenere uniti. Ma mentre sta completando l'addestramento il 10 giugno del '40 l'Italia entra in guerra e in Africa la situazione si fa subito difficile: gli Inglesi penetrano velocemente in Libia.
All'inizio del '41 l'avanzata dell'esercito inglese sta ormai travolgendo le truppe italiane in Libia orientale. Guillet per difendere il fronte italiano è pronto a tutto: gli viene chiesto di usare i suoi reparti per rallentare l'avanzata bbritannica e dare tempo agli Italiani di organizzarsi. Fa dunque un'azione inaspettata, geniale ma spericolata: decide di attaccare il nemico a cavallo nel bel mezzo dello schieramento, contando sul fatto che mitragliatrici e artiglieria nemica non avrebbero potuto sparare per non colpire la loro stessa fanteria.
Dopo ore di confusione 10mila soldati italiani si erano ormai salvati sulle montagne grazie ad un'azione ricordata ancora oggi come una delle pagine più valorose della storia militare italiana. Guillet viene ricordato come il comandante che ha guidato una cavalleria contro i carri armati, e ha vinto. Coraggioso, sprezzante del pericolo, fedele agli alleati e rispettoso del nemico. Nell’immaginario collettivo diventa il “Comandante Diavolo” e dal quel momento inizia la sua leggenda.
Dopo la firma della resa, secondo il diritto internazionale, non si può continuare a combattere ma Guillet ha in mente una strategia precisa: sfiancare il nemico e fargli credere che gli Italiani sono ancora vivi ed in grado di impegnarli. Entra in clandestinità, è’ costretto a nascondersi, a camuffare la sua identità. Smessa l'uniforme indossa il turbante e il tipico abbigliamento indigeno , diventa Ahmed Abdallah al Redai aiutato anche dai suoi tratti mediterranei e dalla conoscenza perfetta della lingua araba.
La sua trasformazione non è solo esteriore: inizia a pregare 5 volte al giorno, a vivere nella comunità musulmana in modo completamente mimetico. Non è più un Italiano, non è più un ufficiale, non è più un cattolico. È un indigeno tra gli indigeni e la sua figura ricorda molto quella di Lawrence d'Arabia.
Nascosto dietro la nuova identità inizia, con i suoi indigeni, una lotta senza quartiere contro gli Inglesi, sabotando ferrovie, tagliando linee telegrafiche, facendo saltare ponti e saccheggiando depositi militari. Le azioni della banda inizialmente vengono considerate opera di fuorilegge locali, di banditi del deserto.
Ma con il tempo si intuisce che dietro a tutto ciò c’è Amedeo Guillet e subito sulle sue gesta cala il velo della censura. Diventa oggetto di un rapporto top secret dell' intelligence inglese che inoltre fissa sulla sua testa una cospicua taglia. Ma non serve. E talmente abile che, per meglio spiare il nemico, riesce a servire a tavola degli ufficiali inglesi camuffato da domestico indigeno.
Nella primavera del '41, dopo la disfatta italiana il Negus Haile Selassie torna in Etiopia e con l'aiuto degli Inglesi cerca di annettere anche l'Eritrea. Dall'altra parte però Guillet cerca di attrarre alla sua causa proprio gli Eritrei facendo leva sui loro sentimenti anti-etiopici e mettendoli in luce circa il pericolo che possono rappresentare gli Inglesi.
Alla fine del '41 arriva nel porto di Hodeida nello Yemen ma per i suoi modi raffinati e la lingua gli Yemeniti lo scambiano per una spia britannica e lo incarcerano. Gli Inglesi chiedono la sua estradizione cosa che però insospettisce molto gli Yemeniti. Il sovrano quindi gli concede udienza e ascolta tutta la sua storia. Ne rimane talmente affascinato che gli propone di rimanere, prendendolo sotto la sua protezione. Lo fa curare, gli dà una casa e uno stipendio da colonnello. Nel '42 gli Inglesi mettono a disposizione una nave della Croce Rossa per tutti quegli Italiani desiderosi di tornare in patria. Guillet, aiutato dai suoi vecchi amici del porto, riesce a imbarcarsi furtivamente e per tutto il viaggio se ne sta quasi nascosto fingendosi pazzo.
Il 2 settembre del ’43 viene promosso generale. Le sue conoscenze linguistiche lo rendono perfetto per il lavoro di intelligence. Nel Dopoguerra, Guillet inizia a la carriera diplomatica, che prosegue per quasi trent'anni e che lo vede diventare ambasciatore d'Italia in vari Paesi. A seguirli sono sua moglie e la sua fortuna: sopravvive a due incidenti aerei nello stesso giorno e a due colpi di Stato di cui è testimone in Yemen e in Marocco. In quest'ultimo paese durante il ricevimento ufficiale teatro del tentativo di colpo di Stato riuscì a salvare la vita all’ambasciatore tedesco, cosa che gli valse la più alta onorificenza della Repubblica Federale Tedesca.
Nel 1975 è in pensione per raggiunti limiti di età e va a vivere in Irlanda. Se in Italia in pochi conoscevano la sua storia, in Irlanda viene accolto con grande entusiasmo e ritrova anche il suoi vecchi nemici-ammiratori Max Harari e Vittorio Dan Segre, che diventa il suo biografo. Nel novembre del 2000 il Capo dello Stato italiano Carlo Azeglio Ciampi ha conferito al generale Amedeo Guillet la massima onorificenza di 'Cavaliere di Gran Croce'.
Muore a Roma il 16 giugno 2010, all'età di 101 anni.
Antonio A. – Fonte: BBC History / La storia siamo noi.
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