giovedì 21 luglio 2016

le scienze- blog di Riccardo Oldani-R1, l'umanoide italiano. A cosa servirà?(robotica -iiit)


Noi e i robot

di Riccardo Oldani

R1, l'umanoide italiano. A cosa servirà?

Avrete letto tutti, in questi giorni, di R1, the Humanoid Robot, il piccolo robot umanoide messo a punto dall'Istituto Italiano di tecnologia. Un automa che, in prospettiva, dovrebbe entrare nelle nostre case per farci da assistente. L’IIT ha messo a punto una prima versione, una sorta di prototipo, che ora dovrebbe essere sviluppato in un prodotto realizzabile livello industriale per essere introdotto sul mercato. Prezzo ipotetico 25.000 euro per i primi 100 pezzi e poi una progressiva riduzione fino a raggiungere il costo ideale di 3.000 euro. Un oggetto costoso, certo, ma poi non così irraggiungibile. A patto che davvero il robot si affermi come qualcosa di assolutamente indispensabile per il pubblico come l'automobile o il televisore.
Non mi dilungo qui a raccontarvi come è fatto R1. Lo avete già letto su tutti i giornali e, per chi non lo avesse fatto, il video che vi propongo qui penso che sia più che sufficiente.

Il robot, però, nasce dal lavoro del team di ricerca dell'Istituto Italiano di tecnologia che da tempo si occupa dello sviluppo di iCub, il robot bambino utilizzato a scopo di ricerca in una trentina di università del mondo. L’équipe è coordinata Giorgio Metta che è anche a capo del gruppo di 22 ricercatori impegnati nel progetto di R1. Che non arriva come un fulmine a ciel sereno, perché lo stesso Metta ne aveva anticipato da tempo lo sviluppo.
Robot domestico
In un'intervista che gli feci nel 2014 per il mio libro Spaghetti Robot ecco che cosa mi diceva Metta riguardo all'idea e all'utilità di un robot umanoide domestico: «Avere un robot in ogni casa, un personal robot o un personal assistant, come ipotizzava Bill Gates nel 2007 è qualcosa che si può senz’altro fare fare. La tecnologia non è così lontana. Non dobbiamo immaginare l'umanoide perfetto, quello classico dei romanzi di Asimov per intenderci, ma un vero prodotto, quindi una cosa più semplice, con soluzioni ad hoc per risolvere veri problemi. Qualcosa di più che un aspirapolvere, un vero robot che possa fare delle cose concrete, come assistere una persona, che magari ha difficoltà a muoversi o a compiere determinate azioni. Un robot che aiuti il suo proprietario nelle piccole azioni di tutti i giorni. Magari non è capace di sollevarlo o trasportarlo, e quindi non è un badante. Però pensiamo a piccole necessità, come prendere e portare un oggetto oppure assistere qualcuno per mangiare. Ci sono già dei dispostivi robotici in grado di fare queste cose e noi abbiamo in mente un robot umanoide che vada ancora oltre e possa svolgere un gran numero di compiti di questo tipo».
Macchina da compagnia
Ma il robot di casa non necessariamente, nell'idea dei ricercatori, deve saper fare soltanto cose utili. «Potremmo volere un robot in casa anche solo per il desiderio di vivere più comodi – dice ancora Metta –. Da sempre amiamo circondarci, nelle nostre abitazioni, di oggetti che ci “coccolano”. Abbiamo il telecomando perché non vogliamo alzarci dalla poltrona per premere un bottone. E adesso ci sono anche elettrodomestici programmabili, in grado di fare da soli tutta una serie cose. Ma la difficoltà nell'installare certe soluzioni, come per esempio quelle domotiche, sta nel dover mettere mano agli impianti già esistenti, magari rifarli o riprogettarli. E chi ha voglia, per una piccola comodità in più, di rivoluzionare il proprio appartamento? Con un robot invece le cose andrebbero diversamente, perché ci consentirebbe di automatizzare tutta la casa. Se è una macchina intelligente che sa accendere e spegnere le luci, avviare il condizionatore o la lavastoviglie, spostare le cose, mettere a posto la mia camera, avrei risolto ogni problema tecnico di automazione della casa e avrei realizzato un sogno. Io sono convinto che queste cose siano parzialmente fattibili e che non siamo poi così lontani da quel traguardo».
Utile ma non indispensabile
Quando gli chiesi se sarebbe stato iCub a fare tutto questo Metta disse di no. Molto più probabilmente un suo parente un po' più “stupido”, meno sofisticato. «Tutto il nostro lavoro sull'intelligenza artificiale – commenta Metta – magari non si renderà così necessario, almeno inizialmente, per dar vita a un robot domestico veramente utile. Che forse non saprà fare cose così sofisticate, ma potrebbe comunque essere dotato di una sua intelligenza. Per esempio potremmo chiedergli di telefonare a nostra madre mentre siamo in cucina, stiamo tirando la pasta, abbiamo le mani occupate e abbiamo bisogno di qualche dritta. Il robot potrebbe essere equipaggiato con Skype, o avere uno smartphone incorporato, e quindi essere attrezzato per aiutarci in questo. Oppure potrebbe semplicemente fungere da terzo braccio e aiutarci a cucinare, passandoci gli ingredienti. In questo caso il nostro robot non sarebbe un qualcosa di necessario. Ma, a pensarci bene, tante cose da cui oggi non riusciamo a separarci, come l'iPhone o il tablet, non sono così indispensabili. Insomma, la nostra continua ricerca di una vita più comoda potrebbe essere un motivo importante per lo sviluppo di robot di questo genere». E per il suo successo commerciale. Tenuto conto anche dello l'utilità sociale che una macchina di questo genere potrebbe avere: «Molte persone – osservava Metta – potrebbero avere un giovamento sostanziale dall'aiuto di un robot di questo tipo».
Intelligenza embedded
Una delle cose che molti giornali hanno evidenziato del robot umanoide R1 è il fatto che la sua intelligenza e stata sviluppata all'interno della macchina stessa, secondo il concetto che l'intelligenza si sviluppa in modo funzionale al corpo che la ospita. E quello stesso concetto di embodiment di cui vi scrivevo qualche post fa.
La vera incognita in tutto questo sta nella reale possibilità di fare di R1 un vero prodotto commerciale, non soltanto riproducibile a livello industriale ma anche richiesto dal mercato. La configurazione umanoide comporta molti problemi che gli scienziati dell'Istituto Italiano di tecnologia hanno cercato di superare con soluzioni semplificate: per esempio la forma delle mani, con due dita, oppure l'uso delle ruote al posto delle gambe, che comporterà senz'altro qualche problema di spostamento nelle abitazioni su più livelli. La vera scommessa, qui, sta nel realizzare una piattaforma che poi possa essere integrata e arricchita dal software, concepito come tante app, ognuna delle quali sarà in grado di dare al robot una funzione diversa. È qui, probabilmente, che starà il business della robotica di servizio più che nello sviluppo dell'oggetto in sé. Chi saprà sviluppare il robot più semplice, più efficiente, più piacevole e amato dal pubblico avrà un vantaggio non da poco rispetto alla concorrenza. Che la forma umanoide sia quella giusta è però ancora tutto da vedere.

Nessun commento:

Posta un commento