venerdì 8 agosto 2014

articolo di Umberto Genovese su il poliedrico del 2011 sul satellite gaia

Immaginate di possedere un obiettivo, un cannocchiale o – se preferite – un telescopio tanto potente e preciso da misurare lo spessore di un capello di un turista a Cosenza stando in cima al Monte Rosa.
Che attraverso questo formidabile strumento possiate vedere quanto pesa, che età ha e perfino di misurare la brezza che gli scorre sulla faccia mentre cammina.
Questo formidabile oggetto esiste e si chiama Gaia, acronimo di Global Astrometric Interferometer for Astrophysics.
Gaia è una sonda dell’ESA che nel 2013 andrà a prendere il posto di Hipparcos, l’altro famoso satellite che ha misurato con una accuratezza finora non raggiunta la posizione e la velocità radiale di ben 100000 stelle con una precisione di 2 millisecondi d’arco.
Gaia promette di andare molto più in là:  misurerà la posizione, la distanza, e  il moto proprio con una precisione di circa 7 μas (un microarcosecondo è 1 × 10−6 secondo d’arco, ovvero un milionesimo di arcosecondo) per le stelle fino alla settima  magnitudine (il mitico spessore del capello a 1000 km di distanza), 20 μas dalla 8 alla 15a magnitudine, e di 200 μas fino alla ventesima, per un totale quindi di circa un miliardo 1 di stelle – In realtà alcune incertezze risentiranno del colore della stella in esame.
Di queste saranno prese misure spettrofotometriche e di velocità radiale, consentendo così di avere la prima mappa stellare 3D dinamica del nostro angolo di cielo completa di composizione chimica delle stelle, permettendoci così di avere un quadro preciso della storia della Galassia e della sua evoluzione.
Gli indicatori standard
La luminosità di un oggetto varia con l’inverso del quadrato della distanza dall’osservatore.
Per esempio la luce di un lampione osservata a 100 metri di distanza apparirà 4 volte più brillante di uno a 200 metri e 9 volte più brillante di uno a 300 metri. Quindi sapendo la luminosità assoluta del lampione e misurando con un fotometro l’intensità luminosa del lampione osservato, si può calcolare la sua distanza dall’osservatore.
Questo è il principio base con cui vengono calcolate le distanze in astronomia.
Ci sono alcune classi di stelle variabili – Cefeidi, RR Liræ, Mira Ceti – la cui curva di luce  è legata alla luminosità assoluta, e questo ha permesso di calcolare la loro distanza e di conseguenza dell’ambiente in cui si trovano con un lieve margine di incertezza. Questo ha permesso di calibrare altre candele standard come le novæ e le supernovæ di tipo Ia.
Dopodiché si è cercato altri tipi di candele standard come la tipologia delle galassie etc, ma come potrete immaginare ìl margine di incertezza cresce con l’aumentare della distanza.
Se questo può sembrare poca cosa, Gaia farà in grande quello che già sta facendo Kepler nei pressi del Cigno: Kepler usa il metodo fotometrico, ossia la curva di luce dovuta ai transiti planetari, Gaia – oltre a questo sistema – misurerà anche le velocità radiali delle stelle consentendo addirittura di calcolare le masse in gioco e le loro orbite planetarie: un enorme passo avanti per la nostra conoscenza di altri pianeti 2.
In campo extragalattico Gaia potrà fornire un quadro più ampio di conoscenze attraverso la fondamentale opera di ricalibrazione degli indicatori di distanza che ci permettono di stimare le distanze su scala universale, la scoperta di altre lenti gravitazionali e quasar e il continuo monitoraggio delle supernovæ extragalattiche, mentre all’interno del sistema solare contribuirà a scoprire ed osservare molti corpi minori -alcuni potenzialmente pericolosi per la Terra – come gli asteroidi Near-Earth e quelli della cintura di Kuiper 3.
Se pensate che tutto questo sia poca cosa, Gaia studierà anche la curvatura dello spazio-tempo attraverso la curvatura della luce stellare in prossimità del Sole, come previsto dalla teoria della Relatività Generale  di Einstein.
Se vi pare poco ….

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